giovedì 4 giugno 2009

Archimede svela i segreti del calcolo combinatorio

Il calcolo combinatorio? Lo inventò Archimede. È ciò che emerge da un articolo pubblicato sul New York Times. Gli esperti dell’università di Stanford hanno ripreso un trattato del grande matematico greco, lo “Stomachion” (testo ritenuto fino a oggi incomprensibile) e sono giunti a una nuova soluzione: non è un passatempo per ragazzi (come ipotizzato da alcuni studiosi), bensì, appunto, un tentativo di spiegare il calcolo combinatorio. In matematica questo tipo di operazione riguarda principalmente la computeristica e l’informatica, ma ce ne si può servire anche per rebus anagrammatici, per vincere il superenalotto, o per contare il numero di combinazioni possibili di amminoacidi in particolari condizioni. Archimede, quindi, sostenne l’ipotesi del calcolo combinatorio molto prima che l’uomo si occupasse di tecnologia informatica e di biologia molecolare. Valutò infatti la necessità di trovare più soluzioni a un problema per la prima volta 22 secoli fa. Il matematico greco sviluppò il concetto di calcolo combinatorio considerando 14 pezzi con i quali è possibile comporre altre figure. “Quanti modi diversi ci sono per sistemare i 14 pezzi? - fu la domanda che si pose. 17.152 è la soluzione alla quale sono giunti oggi i ricercatori di Stanford, confermando la validità del trattato di Archimede. Lo studioso Reviel Netz, in particolare, dice che era inammissibile supporre che una mente come quella di Archimede potesse sviluppare un trattato di questo livello solo per far felici i bambini. Netz è risalito allo “Stomachion” studiando una pergamena proveniente dal monastero bizantino di Costantinopoli, con riportato il testo del matematico greco. Secondo gli studiosi di storia della matematica le prime teorie sul calcolo combinatorio si intrecciarono con lo studio delle probabilità. Tra i più grandi nomi della matematica di tutti i tempi che si sono cimentati con questo tipo di esercizi ci sono Pierre de Fermat (1601 – 1665) e Blaise Pascal (1623 – 1662). Prima di loro solo Galileo Galilei aveva affrontato qualcosa del genere con il “lancio dei dadi”.

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