lunedì 2 novembre 2009

INFLUENZA A: LE COSE (NON) DETTE

"Servirebbe una maggiore trasparenza nelle informazioni e una minore sottovalutazione dei rischi", scrive Mario Pappagallo sul Corsera di ieri, riferendosi alla febbre suina. Ha ragione. L'impressione che si ha, infatti, è che ci sia troppa disinformazione a riguardo, e che anche i medici dicano solo una parte della verità (tenuto conto del fatto che forse nemmeno loro sanno bene cosa sia e cosa faccia di preciso il virus H1N1). Con ciò nessuno intende lanciare allarmismi, tuttavia sarebbe utile dire bene le cose come stanno senza banalizzare il tutto dicendo che "l'influenza suina non deve fare paura perché ha un tasso di mortalità più basso della stagionale". Questo lo si è capito ed è correttissimo. Ma c'è dell'altro, che non viene chiaramente detto e di cui l'opinione pubblica - sempre più in defaillance (anche se il 61,4% degli italiani dice di non aver paura) - non sa niente o quasi. L'occasione per affrontare questo argomento è il decesso, venerdì pomeriggio - presso l'ospedale pediatrico Santobono (Napoli) - di una bimba di 11 anni, Emiliana D'Auria, probabilmente già affetta da un problema cardiaco congenito. I casi più gravi, infatti, si stanno registrando fra i più giovani, di età compresa fra i 5 e i 14 anni, e in molte circostanze si tratta di individui sanissimi. In Usa i minori rappresentano l'8% dei decessi. In generale un terzo delle vittime dell'influenza suina ha un'età compresa fra 2 e 27 anni. L'1% di tutti i colpiti dal virus dell'influenza A viene ricoverato (e questo non succede con la stagionale). Molte persone ricoverate vengono poi trattate con macchinari speciali in grado di assicurare la respirazione (compromessa nei malati gravi), anche per 90 giorni di fila (e anche questo non accade nell'influenza stagionale). Molti altri aspetti sono sconosciuti o si conoscono frammentariamente. Per esempio in pochi sanno che non c'è solo la polmonite fra le eventuali complicazioni della suina: benché accada in una percentuale bassissima di casi, ci possono anche essere pericardite (infezione della pellicola che protegge il cuore), o miocardite (progressivo deterioramento del miocardio). In casi rarissimi si può anche andare incontro alla cosiddetta sindrome di Reye (con nausea, vomito e perdita della memoria). In Usa è già stato approntato un piano speciale nel caso in cui non si riuscisse più a gestire la situazione: verrebbero, dunque, vaccinate solo le persone che stanno bene, mentre tutte le altre - disabili, malati psichici, anziani - verrebbero lasciate al loro destino. In prima linea stati come lo Utah, pronti a partire coi cosiddetti "Do Not Resuscitate", individui che nel testamento biologico hanno dichiarato di essere contrari ad ogni tipo di accanimento terapeutico. Il virus fa più male alle persone nate dopo il 1976. Questo perché il virus H1N1 - contrariamente a quanto s'immagina - si è già visto, a metà anni Settanta,'caratterizzando' il sistema immunitario di individui che oggi sono sicuramente più protetti rispetto ai giovani. L'epidemia di suina di oltre 30 anni fa si fece sentire specialmente fra i soldati di Fort Dix, New Jersey (USA): ci furono 200 casi, 4 persone si ammalarono di polmonite, una persona morì. Nessuno, però, ha ancora capito come si diffuse il virus. Ancora. L'effetto panico registrato in molti nosocomi non è del tutto ingiustificato. A Niguarda (Milano), per esempio, il 15% dei pazienti che si son presentati con febbre, tosse e mal di gola, sono stati poi ricoverati, non una percentuale da poco. Il periodo di contagiosità, peraltro, non termina con la fine dei sintomi: il virus, infatti, è trasmissibile anche una settimana dopo la fine della malattia. E nei bambini rimane attivo anche per dieci giorni. Ci sono poi stati casi in cui la malattia si è rivelata talmente leggera (e addirittura asintomatica) che il malato non s'è nemmeno accorto di averla avuta e quindi di essere stato un potenziale 'untore'. Poche anche le notizie riguardanti uno studio condotto presso l'Università del Maryland (Stati Uniti), nel quale degli scienziati (che hanno pubblicato le loro conclusioni sulla rivista PLoS Currents) hanno verificato che non è corretto dire che la stagionale e la suina sono assimilabili, partendo dal presupposto che l'azione virale dei due morbi è diversa. Spiegano, infatti, che il virus della nuova influenza è in grado di penetrare in maniera più profonda nei tessuti polmonari rispetto a un normale virus influenzale. Dunque aggiungono che probabilmente la suina colpisce un numero di cellule polmonari più alto rispetto alla stagionale, che concentra la sua azione soprattutto sulle alte vie respiratorie, a partire da naso e gola. Incuriosisce poi il fatto che tutti i medici dicano di vaccinarsi, benché siano loro i primi a non farlo. Il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio non si vaccinerà; il farmacologo Silvio Garattini non si vaccinerà; Gianluigi Passerini, della Società europea di qualità in medicina generale, non si vaccinerà, spiegando che "non vuole dare messaggi allarmistici ai pazienti"; Richard Halvorsen, direttore medico di BabyJabs, non si vaccinerà; in questo momento, presso l'ospedale Sacco di Milano s'è vaccinato solo 1 medico su 20; (mistero anche per ciò che riguarda Sasha e Malia Obama, le figlie del presidente americano: secondo Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca, le bimbe non si vaccineranno; secondo Katie McCormick Lelyveld, invece, portavoce di Michelle Obama, le piccole sono già state vaccinate). Il futuro, dunque, è facilmente prevedibile. Moltissimi (e comunissimi) medici di famiglia non si vaccineranno: in Italia, ma anche in Francia, in Gran Bretagna e Canada. Secondo la Federazione dei medici di medicina generale uno specialista su sei farà a meno del vaccino. Gli interessati dicono che il vaccino serve poco o a nulla per chi ha già compiuto i 65 anni d'età, tuttavia suona strano che più del 60% dei medici (compresi, quindi, moltissimi under 65) ne voglia fare a meno. A questo punto viene da chiedersi: cosa temono i medici? E anche qui si scoprono tante cose non dette o dette solo parzialmente. Per esempio non tutti hanno capito che questo tipo di vaccino è già stato approntato nel 1976, provocando casi di una grave malattia neurologica chiamata sindrome di Guillian-Barré. Assolutamente attendibile la fonte: l'epidemiologo Tom Jefferson della Cochrane Collaboration. Il vaccino contro la suina contiene poi l'immuno-coadiuvante MF59, sostanza conosciuta come 'squalene' e in grado di aumentare la risposta immunitaria di un organismo. In realtà, secondo Viera Scheibner, ricercatore scientifico del governo australiano, lo squalene è riconducibile anche alla "Gulf War Syndrome", vale a dire la nota 'Sindrome della Guerra del Golfo', che ha coinvolto vari soldati negli anni Novanta, con sintomi quali attacchi epilettici, problemi tiroidei, lupus eritematoso e molte altre patologie. Il sito "Stockolm News" fa invece sapere che, in questi giorni, ci potrebbero essere state due vittime - due anziane donne rispettivamente di 90 e 74 anni, già sofferenti di cuore - a causa della somministrazione del vaccino (che in Svezia ha, per ora, coinvolto 1 milione di persone): il dato, però, deve ancora essere confermato. Intanto, l'assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani, precisa che il vaccino non copre al 100% e che quindi, alcuni individui (sarebbe bello sapere quanti), nonostante l'assunzione del medicinale potrebbero non sviluppare gli anticorpi per fronteggiare la febbre suina. Lo affianca il noto virologo Fabrizio Pregliasco, dell'Università di Milano, il quale afferma che "il vaccino non è uno scudo impenetrabile". Le case farmaceutiche hanno inoltre fatto firmare dei documenti tali per cui - in caso di effetti collaterali nei pazienti trattati col vaccino - non sono perseguibili. Senza contare il fatto che le confezioni di vaccino multi-dose contengono Thiomersal, un sale mercurio che già nel 2000 la Food and Drug Administration (Fda) decise di togliere dal mercato perché potenzialmente tossico. Alla luce di queste considerazioni ci sono, quindi, due soli dati certi: il numero dei decessi imputabili alla influenza suina, 5.712 e il numero di persone contagiate dal virus H1N1, 441.661.

L'intervista rilasciata qualche tempo fa da Pregliasco ad Affari Italiani:


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