mercoledì 13 aprile 2011

LE CANZONI CHE VERRANNO


La musica del futuro? Un mix fra scienza e fantascienza, il risultato dell'azione di software super-intelligenti e dell'applicazione di equazioni differenziali. Spigolature Scientifiche ha condotto un'indagine, interpellando i maggiori esponenti della realtà musicale italiana, scoprendo come nasceranno nuovi generi e suoni e come per tutti sarà possibile cimentarsi con uno strumento. Ma non saranno più gli USA a dominare il mercato discografico, bensì la Cina. Rispettando l'ambiente.

Pensare oggi a prodotti tecnologici in grado di produrre qualunque tipo di suono non desta più alcuno stupore. Ma immaginiamo cosa ne avrebbe pensato un abitante del Paleolitico: abituato a creare musica con pietre, conchiglie, ossa, corna, che reazioni avrebbe avuto davanti al suono di una tastiera super amplificata o al martellante incedere percussivo di una drum machine? Certo, non si sarebbe mai potuto immaginare che millenni dopo la sua esistenza sarebbero potute comparire “invenzioni” in grado di arrivare a tanto. E come lui, probabilmente, molti altri musicisti e musicologi che si sono succeduti nel tempo, con la loro fame di note e accordi, compresi i migliori autori della prima metà del Ventesimo secolo, già considerati ultramoderni. Ecco perché noi stessi, dinanzi al quesito “quale sarà la musica del futuro?” rimaniamo basiti, incapaci anche solo di provare ad azzardare un'ipotesi. Gli accademici e i professori universitari sono i meno disposti a lasciarsi andare. Al contrario osano di più i giovani – con una cultura musicale fittizia – o i responsabili di riviste musicali di tendenza.
“Quale sarà secondo voi la musica del futuro?”, è il quesito posto all'interno del forum di webdeejay.it, che rende bene l'idea della spontaneità e la fantasia di chi affronta la musica per istinto, passione pura, senza preconcetti o indottrinamenti particolari. Sono arrivate varie risposte. Albiz94 è convinto che la musica del futuro sarà figlia di produzioni dub-step; per AlexErre Dj ci sarà un ritorno prepotente della dance; Lukigno sponsorizza un'house con numero di bpm (battiti per minuto) inferiore ai brani odierni, ma anche un boom della world music, in virtù della globalizzazione; Davidz parla di fusione di generi per ottenere chimere musicali fantascientifiche come la folk-house. Girando per internet si scoprono altre avveniristiche ipotesi che auspicano il ritorno della musica hippy, assurdi incroci musicali fra ultranoise, neo kraut e post industrial, suoni “fisicamente” inspiegabili con la tecnologia attuale, software in grado di creare dal nulla canzoni nuove, digitando percentuali relative a singoli artisti, per ottenere ibridi eccellenti: 20% Rem, 40% Muse, 35% Radiohead, 5% Roberto Vecchioni!
«Credo che la musica del futuro viaggerà su due canali: quello tradizionale e quello futurista», ci spiega Franco Rossi, presidente dell'Accademia di Musica Moderna, che in tutt'Italia coinvolge circa 3mila ragazzi. «Da una parte si lavorerà per mantenere vivi i generi di sempre, dall'altra ci si evolverà musicalmente di pari passo con il perfezionamento delle tecnologie. Già oggi con software come Pro Tools ci possiamo fare i dischi in casa, un domani, con il raffinamento di questi strumenti, potremo arrivare a realizzare dischi con una facilità estrema e creare musica, o generi musicali completamente nuovi, sarà davvero alla portata di tutti». Più pragmatico Emanuele Senici, musicologo dell'Università La Sapienza di Roma: «Impossibile dire quel che sarà la musica del futuro se non avanzando tesi senza grande cognizione. Quel che posso affermare con relativa certezza, è che la musica del futuro dipenderà strettamente da due fenomeni: la digitalizzazione del suono - ormai affermata, ma ancora in evoluzione - e la globalizzazione».
La musica potrebbe, dunque, cambiare faccia in virtù di un'omogeneizzazione dei generi, sottoposti a continue modifiche, dettate da individui che ragioneranno sempre più con la stessa testa, con lo stesso imprinting sonoro. Ma ci sarà ancora chi detterà legge, come hanno fatto e stanno facendo gli USA e la Gran Bretagna dagli anni Cinquanta a oggi, come fecero gli europei e in particolare i viennesi, dal XVIII al XIX secolo, con Mozart, Beethoven, Schubert, Strauss, Brahms. «A questo proposito mi rendo conto che la Cina sta crescendo sempre più anche dal punto di vista musicale», rivela Senici, «con ciò non mi meraviglierebbe se la musica del futuro venisse proprio da lì».


Pechino è oggi interessata dai lavori di Wang Leehom, trentacinquenne con una proposta musicale intrigante: il suo stile è figlio di melodie tradizionali cinesi e suoni occidentali. Wang Leehom canta e suona di tutto: chitarra, violino, flauto cinese, batteria, pianoforte. Nella sua carriera ha già inciso tredici album, vendendo più di 15 milioni di dischi e vincendo numerosi premi. Sa Singding è stata, invece, definita la “Bjork cinese”; (la Bjork di Reykjavik non ha bisogno di presentazioni: già da tempo contribuisce all'evoluzione della musica moderna offrendo prodotti contaminati da ogni genere, dall'elettronica al trip-hop, dall'alternative rock all'ambient). Ha suonato anche a Milano lo scorso anno, all'Arena Civica. La sua musica è ancora più imprevedibile di quella di Wang Leehom. Alla sua voce coinvolgente, rispondono melodie inclassificabili, sonorità elettroniche, amplificate da giochi visivi sorprendenti e da un uso originale dei costumi sul palco. Anche i critici hanno difficoltà a parlare del suo mondo musicale, riferendosi genericamente a suoni ambient-elettro, con spettacolari successioni di note riconducibili alle progressioni musicali tipiche delle ballate popolari. Il debutto è avvenuto nel 2008 con l'album “Alive”, premiato con il prestigioso BBC World Music Award.
Più in là c'è il Giappone e anche qui le novità musicali avanguardistiche non mancano. In prima linea c'è il primo artista che ha saputo coniugare in modo assolutamente originale musica e scienza. È Keiichiro Shibuya che lavora in stretta collaborazione con Takashi Ikegami, professore di ricerca di sistemi complessi presso la Tokyo University. Difficilissimo dare un nome alla musica di Shibuya, «battiti minimali che sanno di techno, eruzioni vulcaniche fatte di bit 0 o 1, colate laviche composte da chip e circuiti, nebbie sulfuree programmatiche e programmate», secondo i critici di Onda rock. Si scomodano i generi più disparati senza arrivare da nessuna parte: glitch? noise? elettronica di stampo improv? «Qualcuno ha parlato della mia musica come di suono del caos», rivela lo stesso Shibuya, «io posso solo dire che dal punto di vista tecnico ho adoperato un attrattore di Lorenz (il primo esempio di un sistema di equazioni differenziali in grado di generare un comportamento “complesso”) per generare orbite sonore tridimensionali».
Ma non tutti gli addetti ai lavori credono in un futuro particolare per la musica. C'è anche chi sostiene che tutto quello che c'era da dire sia stato detto e che ciò che verrà sarà sono un “riciclo” di canzoni, musiche, e generi obsoleti.
«La parola futuro evoca, di solito, suggestioni positive e incoraggianti», dice Federico Guglielmi, giornalista di Mucchio Selvaggio, scrittore e critico musicale, ex direttore dell'etichetta indipendente High Rose. «In ambito musicale, però, nulla lascia supporre l’eventualità di chissà quali roboanti rivoluzioni prossime venture: agli occhi - cioè, alle orecchie - di un osservatore esperto, il futuro dell’espressione attraverso il suono sembra essere alle sue spalle, come dimostra il fatto che, da un paio di decenni, le novità consistono nel riciclaggio più o meno creativo di moduli preesistenti, nel copia e incolla da canzoni del passato, nella mescolanza di stili. Difficile che si inventino strumenti capaci di produrre sonorità mai udite, difficile che qualsiasi cosa si ascolterà non avrà almeno in buona parte il sapore del “già sentito”».


In ogni caso, un po' ovunque, si continua a produrre musica con passione, convinti della possibilità di ritrovarsi dall'oggi al domani con qualcosa che sconvolgerà completamente i paradigmi musicali attuali. Guardando all'Italia, non mancano i classici, ma nemmeno prodotti che strizzano l'occhio al futuro in modo più o meno convincente. «Da noi abbiamo varie proposte originali, che anziché sfidare le mode le impongono», racconta Antonio Cooper Cupertino, sound engineer delle Officine Meccaniche, studio cult milanese dove hanno registrato un po' tutti, dai Franz Ferdinand ai Muse, passando per Vibrazioni, Negramaro, Ligabue e Laura Pausini. «Personalmente ritengo che le proposte più accattivanti derivino dal mondo indie, da personaggi come Moltheni, Teatro degli Orrori, e soprattutto Verdena. Parte del loro penultimo disco lo abbiamo registrato qui». I Verdena provengono da Bergamo e hanno appena chiuso il nuovo disco “Wow” per la Universal. Il loro genere non è etichettabile. Per descriverli, i principali critici italiani, hanno scomodato nomi come Nirvana, Beach Boys, Flaming Lips, Air, Arcade Fire, Franco Battiato. Un mix di intenzioni e generi quantomeno originale (e futuristico).
La musica che verrà potrebbe anche andare a braccetto con l'idea di sostenibilità ambientale, e con la necessità quindi di fare musica e divulgarla senza provocare danni di natura ecologica. Anche in Italia ci sono gruppi che si stanno muovendo in questa direzione, come i JoyCut, di apertura alla superband degli Editors in Italia nel 2007. Rappresentano la band eco-wave per eccellenza: hanno registrato il loro ultimo disco a Londra nel primo studio europeo alimentato a energia solare e realizzato interamente con materiali eco-compatibili. Anche loro guardano al futuro con una marcia in più, convinti della necessità di rinnovarsi continuamente, secondo il mensile Blow Up «su quella linea di continuità che lega i Joy Division e i Cure agli Interpol», gruppi che hanno senz'altro saputo creare nuovi stili musicali. «Qualsiasi genere sarà preponderante nel futuro della musica tra 50-100 anni, ci auguriamo che ci siano più musicisti a sostegno dell'ecosistema che per fortuna in Italia stanno già emergendo», dichiarano i responsabili di Rockerilla, fra i magazine musicali del Belpaese più gettonati. «Auspichiamo anche un maggior numero di festival come il Play4Climate, il CO2 Neutral Music Festival di Copenhagen o il nostrano Play on plaid Festival, che i dischi vengano registrati esclusivamente in Solar Powerred Studio e gli strumenti musicali siano totalmente eco-friendly».
Un modo interessante, infine, per capire la direzione che sta prendendo la musica e ipotizzare i generi del domani è tenere conto dei gusti dei giovanissimi. È probabile che la musica dell'immediato futuro possa, infatti, essere figlia dei generi che in questo momento vengono maggiormente apprezzati. «I gusti dei ragazzi che oggi scelgono di frequentare una scuola musicale variano in base alla località geografica», ci spiega Franco Rossi. «Abbiamo notato che al nord i più giovani amano cimentarsi soprattutto con il rock e l'hard rock; in Toscana con il metal; in Sicilia con il pop e la canzone d'autore. Per ciò che riguarda, invece, i corsi più frequentati, al primo posto ci sono come sempre i corsi di canto; a seguire quelli di chitarra e batteria».

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