giovedì 8 novembre 2012

Il popolo in (eterno) cammino


Moni Ovadia, in un recente concerto tenutosi a Milano, ha detto: «Da sempre parliamo dei rom, senza però, avere mai parlato con loro». È vero. Da circa mille anni, periodo in cui una “sottocasta” indiana lasciò il continente per muoversi verso occidente, non s'è fatto quasi mai nulla per comprendere le caratteristiche e i fabbisogni di questa etnia, determinando l'emarginazione di un intero popolo. Oggi, però, qualcosa sta cambiando. E lo dimostra il progetto europeo EU inclusive che dal 2010 coinvolge la Soros Foundation Romania, la Fundaciòn Segretariado Gitano, la Open Society Institute di Sofia e l'italianissima Casa della carità. È la prima indagine condotta a livello nazionale per capire chi sono e cosa fanno i rom e quali sono i loro reali bisogni, superando una volta per tutte le barriere di preconcetti che da sempre impediscono di avere un'idea chiara sulla loro storia e identità. «Sui rom si hanno solo conoscenze stereotipate», ha rivelato Sabrina Tosi Cambini dell'Università di Verona, nel corso della due giorni dedicata ai rom, un paio di settimane fa, presso la Triennale di Milano. Stereotipi come quello relativo all'abitudine di “rubare i bambini”. La realtà è ben diversa. Dal 1900 a oggi, in tutta Italia, non è mai passata in giudicato una sentenza che condanni il rapimento di minore a opera di un rom. Mentre in media, gli italiani, pensano che ogni anno spariscano per colpa loro almeno una decina di bimbi. Per la prima volta, quindi, degli operatori organizzati in un sistema progettuale sovranazionale, hanno scelto di parlare direttamente con i rom, coinvolgendo 1668 persone straniere, distribuite in dieci regioni italiane. Un lavoro difficile e impegnativo, anche per la comprensibile reticenza dei rom, che non capivano come qualcuno potesse realmente interessarsi della scolarizzazione e delle attività professionali di questo o quell'altro accampamento. E proprio sull'istruzione gli esperti hanno puntato prima di tutto, per capire non solo la situazione attuale di questa etnia, ma anche le proiezioni future, tenuto conto del fatto che il livello di “educazione scolastica” risulta direttamente proporzionale all'inserimento sociale. Ma la situazione è decisamente compromessa e i numeri sono fin troppo eloquenti. Per ciò che riguarda, per esempio, i rom ex-jugoslavi, rappresentanti il 42% del campione intervistato, la quota di senza titolo di studio raggiunge il 44%; mentre tra coloro che possiedono un titolo di studio il 24% ha la licenza elementare, il 28% la licenza media e solamente il 4% ha proseguito gli studi superiori. Così il campione bulgaro, assimilabile al 12% degli intervistati. In Lombardia e Lazio si riportano tassi di scolarizzazione medio-bassi: circa la metà del campione possiede la licenza media (53%), con la restante quota è suddivisa fra coloro che hanno la licenza elementare (23,5%) e nessun titolo di studio (23,5%). Lo stesso trend si registra fra i rom bulgari che abitano le regioni meridionali d'Italia, con la differenza che la quota di non scolarizzati è superiore ai dati del nord e del centro Italia, arrivando al 36%. La migliore condizione è, dunque, riscontrabile in Emilia Romagna dove i non scolarizzati non arrivano al 14%, a fronte di un tasso di scolarizzazione medio-alto, con un 77% di individui che possiede la licenza media e il 9% di diplomati. Il livello di scolarizzazione dipende anche dalle condizioni di vita e dai rispettivi nuclei abitativi. Tra le famiglie che vivono all'interno di insediamenti irregolari, il 23% presenta minori non scolarizzati; questo valore scende al 12% per le famiglie che vivono in insediamenti regolari e arriva al 7% per coloro che abitano in case comuni. Con ciò si deduce che le condizioni di isolamento, segregazione e precarietà, tipiche dei campi rom, sono un evidente ostacolo all'educazione scolastica e al conseguimento di titolo di studio. Con simili dati non stupisce, dunque, sapere che il tasso di analfabetismo fra rom e sinti è decisamente elevato: il 25% delle donne e il 14% degli uomini, infatti, non sa leggere e scrivere, cifre assai più consistenti dell'esiguo 1,4% della media nazionale. L'analfabetismo varia in base alle condizioni lavorative: è dell'11% nel caso degli individui occupati, del 15% nei disoccupati e del 65% fra gli inattivi. Ed è inversamente proporzionale all'età. Il 52% degli analfabeti ha infatti più di 50 anni, contro il 9% degli under 20. Dato che trova conferma nel fatto che fra gli over 50, il 66% non ha alcun titolo di studio. La ricerca ha permesso anche di capire che, laddove il livello di scolarizzazione è più basso, anche le opportunità lavorative sono molto più scarse. Chi non ha assolto l'obbligo scolastico (vale a dire la gran parte degli intervistati) ha un tasso di occupazione del 20% circa. Tra chi invece ha raggiunto la licenza media, il dato arriva al 30% (specialmente se riguardante esponenti maschili), mentre il tasso di disoccupazione da almeno due anni cala dal 47% al 30%. Nonostante queste cifre poco confortanti, gran parte dei rom e dei sinti è desideroso di poter assolvere una professione. Il 62,7% degli inattivi dice chiaramente che è disponibile a lavorare. Da una parte, però, si tratta di una disponibilità del tutto teorica, poiché non è detto che ci siano delle reali offerte di lavoro; e se anche dovessero esserci, non è sicuro che possano soddisfare le esigenze dei richiedenti. D'altro canto, però, questa alta disponibilità di aspiranti lavoratori sottolinea un disagio molto forte: i rom vengono spesso esclusi dal mondo del lavoro. Il 47,5% degli intervistati dice di essere stato spesso bistrattato a causa della propria etnia. Il fenomeno è vivo più nelle aree rurali che non in città, e guardando all'Italia, specialmente nelle regioni settentrionali. Un caso particolare concerne Roma, dove il dialogo con i rom sembra più difficile che altrove (comprese città del nord come Milano e Torino). In questo contesto sociale la percentuale di persone che dicono di essere abitualmente trattate male arriva al 63% (contro il 40% del capoluogo lombardo). La discriminazione lavorativa riguarda soprattutto le donne. Dalla ricerca EU Inclusive, infatti, emerge che soltanto il 20,6% delle donne risulta occupato. Le statistiche dicono che solo una donna rom su dieci ha svolto nel corso della sua vita un'attività lavorativa stabile, mentre due su tre non hanno mai lavorato negli ultimi ventiquattro mesi. Ma il lavoro – come si è già detto per la scolarizzazione – dipende anche dal contesto abitativo. Non è un dato da sottovalutare: secondo i tecnici dell'European Union Agency for Fundamental Rights “la dimensione dell'abitare è fortemente collegata alle altre dimensioni dell'inclusione sociale, tanto da diventare un vero e proprio canale di inserimento nella società o viceversa un ostacolo al suo realizzarsi”. Lo studio mostra che c'è uno stretto legame fra la condizione abitativa e lo status occupazionale: in generale l'89% di coloro che risiedono all'interno della case è, di fatto, occupato, segno di una stretta correlazione fra questi due aspetti sociali. Il discorso varia anche in base alla densità di popolazione. Il 40,8% dei rom e sinti residenti in centri con meno di 25mila abitanti, risulta occupato, dato che incrementa al 50% se la base di appoggio è una casa dotata di servizi. Diversa la situazione per i rom che gravitano intorno a grosse città, con più di 250mila abitanti. In questo caso, la quota complessiva di occupati scende al 27,1%, con punte negative che toccano il 24,7%. Ma dove abitano più frequentemente i rom? L'immaginario collettivo è solito collocarli in accampamenti irregolari, all'interno di grosse e sconquassate roulotte. Di fatto solo un terzo del campione intervistato, il 32%, abita in case, siano esse di proprietà o in affitto. Il 65% vive in insediamenti, molto diversi fra loro, dal punto di vista dimensionale e amministrativo. Possono infatti essere micro aree ospitanti un solo nucleo familiare, ma anche campi enormi, con migliaia di abitanti. I terreni sui quali sorgono gli insediamenti possono essere privati, occupati abusivamente, aree pubbliche, terreni in affitto o in qualche caso di proprietà rom. Lo studio italiano mette in luce che il 41% degli intervistati vive in insediamenti regolari, il 24% in strutture irregolari. Ma per ogni campo è riscontrabile una netta segregazione, spaziale ed etnica. Vivono in condizioni più precarie i rom giunti in Italia da poco. Coloro che vivono nel nostro paese da più anni, ottengono con maggiore facilità l'annessione a campi comunali o aree private. Spesso nelle aree dove dimorano i rom, però, mancano i servizi necessari a un idoneo sostentamento. Il 9% delle famiglie negli insediamenti regolari è esclusa dall'erogazione dell'acqua corrente; il 19% non possiede l'acqua calda e l'11% non dispone di impianto fognario. Più di un terzo delle famiglie non possiede una stanza da bagno nell'abitazione e il 34% usufruisce di wc in comune con altre famiglie. Il sovraffollamento e la totale assenza di privacy sono all'ordine del giorno, in tutti i campi, siano essi regolari e irregolari. L'Associazione 21 luglio ha per esempio evidenziato che nel villaggio di via Salone, a Roma, i container dove abitano i rom presentano una superficie abitativa media di 24,80 mq, ospitando circa 5-6 persone. Tutto ciò si ripercuote sull'impossibilità di accedere a servizi di assoluta necessità come i servizi per l'infanzia e il sostegno al lavoro. In parte la situazione è resa meno drammatica dal terzo settore, in particolare modo dalle ONG e dalla Chiesa, che offrono aiuto al 60% dei partecipanti al test. 

Cronologia del popolo rom

250 a.C..: dal Rajasthan (probabile culla di origine del popopolo nomade), i rom si dirigono verso le regioni indiane del nordovest e il Pakistan. Il fenomeno prosegue ininterrottamente fino al 500 d.C.
1000: i rom lasciano l'India vittime delle angherie perpetrate dal condottiero afghano Mahmud
1011: il poeta persiano Fidursi fa riferimento a un misterioso popolo nomade proveniente dall'India del Decimo secolo
1068: prima testimonianza scritta dell'esistenza dei rom: è un manoscritto agiografico composto da un monaco georgiano del monastero di Iviron, sul monte Athos
1300: i rom varcano le terre bizantine
1383: i rom si insediano in Ungheria
1384: è certa la presenza di rom presso la città portuale di Modone, nel Peloponneso. Leonardo di Niccolò Frescobaldi, viaggiatore ed esploratore italiano, ne parla come di un popolo peccaminoso e povero, dedito perlopiù alla lavorazione del ferro
1385: un documento attesta la presenza di rom in Valacchia e Moldavia
1407: i primi rom “tedeschi” prendono dimora a Hildesheim
1417: le cronache parlano di gruppi nomadi che raggiungono Amburgo e Lubecca
1420: alcuni rom giungono in Francia
1422: a questa data risalgono le prime cronache relative alla presenza di rom in Italia. Si riferiscono alle città di Bologna e Forlì. A Forlì si parla di circa duecento rom “rudi e inselvatichiti”
1425: i rom attraversano i Pirenei
1440: i rom arrivano in Inghilterra
1444: a Nauplia si stabilisce una colonia rom
1475: in un registro delle tasse della provinca della Rumelia, i rom risultano regolarmente presenti nel territorio ottomano
1485: i rom arrivano in Sicilia
1492: l'editto reale di Ferdinando il cattolico porta all'espulsione di centinaia di migliaia di ebrei e musulmani
1498: primo insediamento rom in America, dopo il terzo viaggio di Cristoforo Colombo
1501: un editto tedesco ordina ai rom di lasciare il territorio dell'impero. Alcuni rom approdano in Russia
1504: un bando francese ordina che “tutti i gitani maschi debbano essere arrestati e messi nelle galere senza processo”
1515: i rom approdano in Svezia
1523: i registri ottomani parlano della presenza di 16.591 rom divisi per “unità fiscali”
1538: in Portogallo avviene la prima deportazione forzata degli “zingari” che finiscono in Africa e America del sud
1539: in Spagna viene ordinata la condanna a morte di tutti i rom o la loro reclusione
1549: la prima legge anti-rom passa in Boemia
1557: vengono varate le prime leggi anti-rom in Lituania
1563: il Concilio di trento stabilisce che i rom non possono fare i preti
1568: Papa Pio V ordina l'espulsione di tutti i rom presenti nei territori governati dalla chiesa cattolica
1619: i rom sono banditi dalla Spagna. Chi rientra è condannato a morte. C'è solo una possibilità di salvarsi: rinunciare ai propri usi e costumi e uniformarsi alle abitudini e alle leggi spagnole
1646: a questa data risale la prima testimonianza scritta di lingua romanì in Italia: si trova in una commedia di Florido dei Silvestris
1682: Re Sole intensifica la persecuzione dei rom: indica il carcere a vita per gli adulti, la rasatura a zero per le donne, l'orfanotrofio per i bambini, la tortura per chi non vuole rinunciare al vagabondaggio
1759: i rom sono banditi da San Pietroburgo
1773: in Austria vengono proibiti i matrimoni fra rom, per incoraggiare i matrimoni misti
1775: Federico II di Prussia realizza un insediamento permanente presso una remota località del Nordhusen
1776: il pastore ungherese Etienne Vali riconduce la parlata rom a una regione dell'India
1780: le dure condizioni di vita dei rom vengono rese note in un documento che parla di condizioni assimilabili alla schiavitù
1782: in Ungheria viene vietata la musica rom. Duemila rom vengono accusati di cannibalismo
1783: in Austria chi parla rom, viene punito con 24 frustrate. Nello stesso anno in Spagna Carlo III di Borbone tenta di civilizzare i rom con un testo di 44 articoli, nel quale vengono proibiti vagabondaggio e commercio di cavalli
1803: Napoleone Bonaparte proibisce ai rom la residenza in Francia
1837: George Barrow traduce il gospel Saint Luke in lingua romanì
1855: i rom, in Romania, vengono liberati dalla schiavitù. Il prinicipe Costantino dichiara: “Gli zingari sono stati creati da Dio come gli altri uomini ed è peccato grave trattarli come bestiame”
1876: Cesare Lombroso rende noti i suoi studi nei quali assimila le caratterstiche fisionomiche dei rom a quelle dei delinquenti
1907: nasce in Beglio uno dei più grandi musicisti “gitani” di tutti i tempi: Django Reinhardt
1920: nasce in Bulgaria la Istiqbal, organizzazione romanì
1927: nasce negli USA la Red Dress Association, in favore dei diritti rom
1930: in Norvegia propongono di sterilizzare tutti i rom
1933: nasce la bandiera rom: è caratterizzata da due bande orizzontali, una azzurra e una verde (in rappresentanza del cielo e della terra). Al centro una ruota rossa, in virtù del perenne migrare dei rom
1935: la legge di Norimberga priva i rom della cittadinanza tedesca
1936: in Germania i rom vengono additati come “europei alieni”
1938: un provvedimento europeo indica come sospetti criminali tutti i rom
1940: a Buchenwald 250 bambini rom vengono usati come cavie per esperimenti militari
1942: Rudolf Hoess, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, dice che tutti i rom devono essere arrestati
1945: si stima che muoiano nei campi di concentramento fino a un milione e cinquecentomila rom
1967: nasce l'Association of Gypsies in Finlandia
1971: nasce l'Unione Internazionale dei rom, finalizzata al riconoscimento di un'identità presente in tutti i paesi europei
1975: una legge in Belgio consente ai rom di ottenere la cittadinanza
1993: in Macedonia viene ufficilamente introdotto nelle scuole l'idioma romanì
2006: l'Università di Manchester elabora il primo studio ufficiale sui dialetti rom

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