giovedì 8 agosto 2013

La (vera) storia del piccolo Buddha


La bilocazione, ossia la capacità di mostrarsi in più posti contemporaneamente, sarebbe solo uno dei tanti prodigi che contraddistinguerebbero il Piccolo Buddha, prerogativa anche di molti santi della tradizione cattolica, come Padre Pio, Sant'Antonio da Padova e San Francesco. Stando, infatti, ai vari documenti che circolano sul suo conto, sarebbe inoltre in grado di vivere senza mangiare e bere e di resistere alle fiamme. Piccolo Buddha è il soprannome dato a Tamang Tulku Rinpoche, un giovane nato in Nepal il 9 aprile 1990, che dal 2005 si comporta come una specie di Buddha reincarnato, osservando lunghi periodi di meditazione e predicando la pace. Scompare e ricompare nei posti più diversi, attirando migliaia e migliaia di fedeli. Ma lui stesso smorza i toni relativi alla sua presunta soprannaturalità, sostenendo di non poter essere il Buddha reincarnato per il semplice fatto che, chi raggiunge l'illuminazione (il nirvana), non può più tornare a respirare nel corpo di un vivente. «Io non ho la sua energia», rivela, «posso "solo" essere considerato un rinpoche», importante figura del macrocosmo religioso tibetano; o un bodhisattva, individuo che dedica tutto il suo tempo alla meditazione. In ogni caso Tamang Tulku si mostra fin da piccolo diverso dai coetanei, teso a traguardi che normalmente non caratterizzano i più giovani. Il piccolo Buddha si isola, evita di giocare con gli altri bambini, ha un rispetto assoluto per gli animali, e dal compimento del quinto anno di età si nutre solo degli avanzi di cibo. I genitori, dapprima preoccupati, intuiscono le sue potenzialità e lo spingono a entrare in un monastero. Tmang Tulku si dimostra un ottimo allievo, pacifico e dedito come nessun altro alla meditazione, ma è anche molto determinato e ama fare di testa sua, per esempio rifiutandosi di tagliare i capelli. Dopo una visita nel luogo di nascita del principe Siddharta Gautama si ammala gravemente e torna a vivere con i genitori. Ripresosi, fugge da casa il 16 maggio 2005, rifugiandosi ai piedi di un gigantesco Ficus religiosa. Assume il nome buddista di Palden Dorje e inizia a meditare giorno e notte, mostrando doti incredibili, fra cui resistere al veleno di due cobra e restituire la parola ai muti. Arriva l'inverno, particolarmente rigido in Nepal, e ancora una volta il piccolo Buddha mostra le sue eccezionali virtù, auto-riscaldandosi accumulando calore; un fenomeno chiamato "tummo", appannaggio esclusivo dei maestri tibetani più dotati. I media e l'opinione pubblica pressano, lo filmano le telecamere e davanti a tanto frastuono trova una sola soluzione: sparire di nuovo. Dato per morto, divorato da qualche predatore della giungla, ricompare il 25 dicembre 2006; e poi ancora il 10 novembre 2008, per benedire 400mila persone. Oggi il suo mito è sempre più in voga, ma ancora in molti si chiedono se sia davvero una figura "in odore di santità" o un sedicente "venditore di fumo". C'è anche chi suppone che gli introiti derivanti dalla sua fama finiscano nelle mani dei ribelli maoisti. Qualcosa di strano c'è: nel 2012 i suoi seguaci hanno catturato una donna slovacca (che dice di essere stata violentata) e potrebbe non essere stata l'unica. La scienza, intanto, indaga. Nel 2006, Discovery Channel ha filmato il ragazzo in meditazione per 96 ore, durante le quali, in effetti, non si è mosso, non ha bevuto, né mangiato. Gli esperti s'interrogano dicendo che in simili condizioni chiunque morirebbe per insufficienza renale. Ma ci sono ancora molti aspetti da chiarire, non ultimo il pannello che tutte le sere cala sul suo corpo, nascondendolo dalla vista di chiunque. Per i più scettici è la prova che durante la notte ricarica le batterie rifocillandosi e accumulando energia per nuove "prove del fuoco".

(Pubblicato sul 4° numero del settimanale "Miracoli") 

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